Poeta italiano. Intrapresi gli studi di Legge a Padova, nel 1840 fu imprigionato
per un breve periodo perché sospettato dalla polizia austriaca per i suoi
atteggiamenti patriottici e liberali. Recatosi a Milano nel 1841, conobbe
Manzoni, Grossi e Torti e ottenne grande fama grazie alla pubblicazione della
novella sentimentale in versi
Edmenegarda. Trasferitosi a Torino nel
1843,
P. strinse legami con Carlo Alberto, ma una campagna denigratoria
nei suoi confronti messa in atto dagli avversari della causa risorgimentale lo
obbligò ad allontanarsi dalla città. Tornò nel paese
paterno, a Dasindo (dove nel 1923, dopo la liberazione di Trento, verranno
traslate le sue ceneri), e si spostò successivamente a Padova, a Venezia
e a Treviso. Dopo un altro breve periodo di prigionia nelle carceri padovane,
nel 1848 accorse a Venezia, insorta, ma fu allontanato da Manin per la sua
propaganda in favore dell'annessione al Piemonte. Per le stesse ragioni
P. fu poi cacciato da Firenze ad opera di Guerrazzi e solo in Piemonte
trovò accoglienza. A Torino divenne storiografo della Corona. Nel 1862
venne nominato deputato e, in questa veste, seguì il Governo a Firenze
nel 1865 e a Roma nel 1871, dove assunse l'incarico di direttore dell'Istituto
superiore di magistero. Nel 1876 fu nominato senatore.
P. è
ricordato in particolare perché la sua poesia, di stampo puramente
romantico, riuscì a valicare i confini italiani avvicinandosi, con esiti
però mediocri, a quella dei suoi contemporanei tedeschi, inglesi e
francesi. Antidemocratico conservatore, gli elementi presenti nelle sue opere
sono Dio, il re, la patria, la famiglia e, soprattutto, la borghesia, a cui si
rivolgono i suoi lavori. La critica gli ha sempre imputato un'eccessiva
variabilità stilistica, che lo condusse dal realismo degli esordi a una
certa indeterminatezza di pensiero e di espressione, continuando poi con
ambiziose avventure poetiche che avevano come punti di riferimento personaggi
quali Byron, Goethe, Chateaubriand. Solo verso la fine
P. decise di
concentrarsi su un tipo di poesia più nitido e preciso, privo di quel
sentimentalismo che tanto aveva caratterizzato i suoi lavori precedenti.
Fondamentale per la conoscenza di
P. è la raccolta, da lui stesso
curata,
Opere varie (5 volumi, 1875), comprendente, oltre al già
citato
Edmenegarda,
Canti lirici (1843),
Canti per il
popolo (1843),
Ballate (1843),
Memorie e lacrime (1844),
Nuovi Canti (1844),
Passeggiate solitarie (1847),
Storia e
fantasia (1851),
Canti politici (1852), nonché altre ballate e
poemetti di minor interesse. Non fanno parte di questa raccolta, invece, gli
scritti giovanili
Poesie (1835), i poemi
Rodolfo (1853),
Ariberto (1860),
Armando (1864-68) e le due ultime raccolte
Psiche (1876) e
Iside (1878) (Campomaggiore, Trento 1814 - Roma
1884).